Fine marzo 2020. Le strade più trafficate della città sono quasi deserte e la telecamera può facilmente poggiare sull’asfalto senza che le auto la travolgano. Il silenzio è assordante, è “La quinta stagione”. La regista Isabella Carpesio e FilmArt Studio stanno realizzando un docufilm sulla pandemia che ha stravolto il mondo. Un evento unico, imprevisto, eccezionale. Un evento raccontato da una delle città simbolo dell’epidemia di Coronavirus. Padova, provincia del primo focolaio e sede di una delle università più attive nella ricerca. Padova, prima zona rossa in Italia e prima città ad aver attuato con successo le misure contenitive contro il virus.
Isabella Carpesio, regista e documentarista, nel 2013 realizzò “Street Cinema – a proposito di Padova”, un documentario che metteva in primo piano la realtà colta di sorpresa tra le vie della città. Sette anni dopo la protagonista è la stessa, ma lo scenario è stravolto. Ne “La quinta stagione” le saracinesche dei negozi sono abbassate. Il Pedrocchi è chiuso, il Santo è chiuso, chiuse le sue bancarelle, Prato della Valle vuoto. Un pallone è abbandonato nel centro di un asilo deserto. Gli argini sono luoghi proibiti, ma il fiume scorre e la luce del sole del tramonto lo fa brillare. Le immagini di una città irriconoscibile si mischiano alle interviste realizzate alla gente comune ma anche a chi ha vissuto in prima linea l’epidemia.
«Potrebbe essere l’inizio di un film di fantascienza, invece è la realtà di Padova nella primavera 2020», spiega la regista. «Un momento storico davvero incredibile, straordinario e speriamo irripetibile, da fissare nella nostra memoria e raccontare ai futuri nipoti. Mi sono chiesta: e se ci fossero delle immagini a testimoniare questo non-movimento? Per non dimenticarci cosa significa la “non-vita” e la paura. Così, quando arriverà l’estate, perché in ogni caso arriverà, e quando il virus sarà passato, perché prima o poi passerà, quando le strade cominceranno (lentamente) a ripopolarsi, potremmo andare avanti, ma con una consapevolezza diversa».